Grida

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Grida milanese del 1630 contro gli untori

La grida era una comunicazione ufficiale (disposizioni, editti, avvisi pubblici) emessa dall'autorità e "gridata" sulla pubblica piazza da un apposito banditore.

A Milano

Gridario (raccolta di gride) di Luis de Benavides Carrillo, Milano 1650

Negli statuti di Milano emanati nel 1502 da Luigi XII di Francia, rimasti in vigore nei secoli successivi fino al XVIII secolo, era presente una sezione relativa ai banditori (tubatores),[1] stabilendo che dovevano essere in numero di sei e che erano tenuti a "gridare" (facere cridas) presso il Broletto; le gride dovevano essere trasmesse a loro solo per iscritto.[2]

I banditori (già presenti in epoca medievale) rimasero anche in epoca spagnola e il termine grida continuò ad essere utilizzato sia in epoca spagnola (XVI e XVII secolo) sia in epoca austriaca (XVIII secolo) per indicare le disposizioni legislative emanate dal Governatore di Milano. Le gride erano pubblicate anche in apposite raccolte ("gridari") relative al governatore che le aveva emanate.

Come riportato da Giuseppe Rovelli, era consuetudine che le norme restassero in vigore fino al termine del mandato del governatore e venissero eventualmente confermate dal suo successore; egli indica che nel 1611 la validità fu estesa ai due mesi successivi alla fine del mandato del governatore.[3] Come conferme delle gride dei predecessori si trovano, ad esempio, la grida del governatore Diego Felipe de Guzmán del 9 gennaio 1636 e quella di Juan de Velasco de la Cueva y Pacheco del 16 febbraio 1641.[4]

«[...] dichiara e fa sapere ad ogni qualità di persone comprese nelli detti bandi, gride et ordini di qualsivoglia sorte fatti et confermati come sopra, et a tutti i tribunali, giudici et ufficiali, a quali tocca l'essecutione di essi in tutto questo Stato, che mentre non sarà dall'E.S. ordinata altra cosa in contrario, vuole e commanda che stiano fermi et in sua forza e vigore e siano guardati et senza alcuna eccetione o pretesto osservati, non altrimenti che se dai lei medesima fossero stati fatti et d'ordine suo pubblicati [...]»

(Estratto dalla grida del 16 febbraio 1641[4])

In alcuni casi le gride furono riprese con integrazioni o variazioni.

Gride manzoniane

Le gride furono rese famose da Alessandro Manzoni nel suo romanzo I promessi sposi, ove l'autore sostiene che si trattava di disposizioni emesse con titoli altisonanti, con linguaggio contorto e articolato anche in dettagli e dove venivano annunciate pene assai severe per coloro che non le avessero rispettate, ma che poi, nella realtà, venivano ampiamente disattese.

«"Che qualsivoglia persona, così di questa Città, come forestiera, che per due testimonj consterà essere tenuto, e comunemente riputato per bravo, et aver tal nome, ancorché non si verifichi aver fatto delitto alcuno ... per questa sola riputazione di bravo, senza altri indizj, possa dai detti giudici e da ognuno di loro esser posto alla corda et al tormento, per processo informativo ... et ancorché non confessi delitto alcuno, tuttavia sia mandato alla galea, per detto triennio, per la sola opinione e nome di bravo." Tutto ciò, e il di più che si tralascia, perché "Sua Eccellenza è risoluta di voler essere obbedita da ognuno".»

(Dalla grida del 12 aprile 1584 emanata da «don Carlo d'Argon, principe di Castevetrano, duca di Terranuova, marchese d'Avola, conte di Burgeto, grande ammiraglio e Gran contestabile di Sicilia, governatore di Milano e capitano generale di sua Maestà Cattolica in Italia»[5])

Mentre altre norme contro assassini o meretrici erano strettamente applicate, le norme contro i bravi risultavano però inefficaci a causa della protezione da parte di vari signorotti, che li utilizzavano come guardie.[6]

«S'appoggiano a qualche Cavaliere o Gentilhuomo, Ufficiale o mercante, solamente per accompagnarli et fargli spalle et favore overamente (come si può presumere) per tendere insidie ad altri o far qualche vendetta sua sotto l'ombra di quello o che dishonestamente conversano per il più in casa de meretrici o nelle hostarie o ne i giuochi et barettarie [...]»

(Descrizione dei bravi in Grida contro bravi et vagabondi, 5 giugno 1593[7])

Note

  1. ^ Rubrica generalis de tubatoribus et de eorum ordinibus et solutionibus, in Statuta Mediolani, 1502, p. 25v.
  2. ^ Cfr. articolo De cridis dandis in scriptis tubatoribus nella rubrica citata.
  3. ^ Giuseppe Rovelli, Storia di Como, vol. 3, Como, 1803, p. 146.
  4. ^ a b Ambrosio Oppizzone, Informazione per modo di discorso, Milano, 1643, p. 527.
  5. ^ Alessandro Manzoni, Capitolo I, in I promessi sposi, 1840, p. 14.
  6. ^ Italia, pp. 23-25.
  7. ^ Grida contro bravi et vagabondi, in Compendio di tutte le gride, bandi et ordini, fatti, & publicati nella citta, & Stato di Milano. Nei gouerni de gli ... signori Iuan Fernandez de Velasco, contestabile di Castiglia, & c. et don Pedro de Padilla, castellano di Milano, &c., p. 22. URL consultato il 19 novembre 2017 (archiviato dall'url originale l'8 febbraio 2018).

Bibliografia

  • Grida, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
  • Mario Viora, GRIDA, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1933. Modifica su Wikidata
  • Vittorio Italia, Alessandro Manzoni, le "grida" contro i "bravi" e le "Linee guida" sugli appalti pubblici, in Società e diritti, n. 3, 2017, pp. 20-28.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

  • Gride e Gridari Seicenteschi del Ducato di Milano (1600-1700), su Lombardia Beni Culturali. URL consultato il 19 novembre 2017 (archiviato dall'url originale il 1º dicembre 2017).
  • I Gridari del ducato di Milano del XVIII secolo, su Università degli Studi di Milano. Sezione di Storia del diritto medievale e moderno. URL consultato il 19 novembre 2017 (archiviato dall'url originale il 1º dicembre 2017).
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