Juniperus sabina

Come leggere il tassoboxProgetto:Forme di vita/Come leggere il tassobox
Come leggere il tassobox
Ginepro sabina
Juniperus sabina
Koehler's Medizinal-Pflanzen, 1897
Stato di conservazione
Basso rischio (lc)[1]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoPlantae
SottoregnoTracheobionta
SuperdivisioneSpermatophyta
DivisionePinophyta
ClassePinopsida
OrdinePinales
FamigliaCupressaceae
GenereJuniperus
SpecieJ. sabina
Nomenclatura binomiale
Juniperus sabina
L., 1753
Nomi comuni

Sabina

Il Ginepro sabina (Juniperus sabina L., 1753) è una pianta arborea, appartenente alla famiglia Cupressacee.

Altri nomi d'uso comune sono Erba sabina, Cipresso dei maghi o semplicemente Sabina.[2]

È una specie in genere dioica, con individui maschili e femminili distinti fra loro, anche se in alcune rare occasioni può essere monoica, con ambedue i sessi presenti nella stessa pianta. In questo caso gli organi riproduttivi maschili e femminili sono portati da rametti diversi.[2]

Distribuzione e habitat

Originario dell'Europa, dell'Asia e dell'America settentrionale, si trova in Italia sulle Alpi e negli Appennini dai 1000 m fino ai 3000 m. Il nome specifico sabina si riferisce alla sua presenza nella Sabina, territorio Laziale tra Roma e Rieti.[2]

L'arbusto è a distribuzione circumboreale, presente maggiormente nelle zone freddo-temperate dell'Europa e dell'Asia occidentale, ma è rinvenibile anche in nord America, seppur con frequenza ridotta.[2]

Ama rade boschive, pendii soleggiati ed è rinvenibile in quota in ambienti rocciosi.

Morfologia

Portamento

È un arbusto per lo più cespuglioso, dalla chioma sempreverde (scuro) di forma irregolare, fortemente ramificata, con rami giovani sottilissimi. Il fusto ramifica in stretta prossimità con il suolo, producendo rami contorti e striscianti, fittamente suddivisi.

In Italia in genere il ginepro sabino non supera i 1-1,5 m d’altezza con portamento molto ramoso e prostrato, più raramente eretto ed è caratterizzato da un forte odore di resina.

Le sue radici sonoestremamente robuste, capaci di insinuarsi nelle fessure tra le rocce.

Corteccia

La corteccia è bruno-rossastra, e mostra sfibrature o desquamamenti. I rametti giovani sono più sottili e flessibili, e di colore rossastro o verde.

Foglie

Le foglie intensamente verdi, nella pianta giovane sono a verticilli di tre e glauche, aghiformi, di 4-6 mm, patenti. Le piante adulte hanno generalmente le foglie brevi, lunghe 1-3 mm, opposte, squamiformi, decussate, accostate a rivestire i rami, di colore verde all’esterno e glauche all’interno. Sparse, nei rami più vigorosi si trovano foglie più lunghe e scostate dal ramo. Occasionalmente rami adulti presentano foglie con caratteristiche giovanili.[2]

Ogni foglia è munita alla base della faccia esterna di una grossa ghiandola, e tutte le sue parti verdi se stropicciate esalano un odore penetrante e caratteristico. Nella parte bassa dei rami le foglie sono strettamente embricate, mentre verso l’estremità tendono ad essere più distanziate tra loro.[2]

Fiori

I fiori che non sono tali in quanto gimnosperma ma semplicemente elementi riproduttivi sono sempre unisessuati, possono essere monoici o dioici (in questo caso le definizioni di sabina maschio o sabina femmina sono riferite alla forma delle foglie)[3] tutti all'estremità di brevissimi rami. Le maschili sono piccole, ovali, le femminili ovali o globulose. Dopo la fecondazione i rami che portano i fiori femminili si ricurvano verso il basso, in modo che la bacca sia pendente. La fioritura avviene verso il mese di aprile.

Gli strobili maschili in primavera emettono all’urto o al vento impressionanti nuvole di polline, e gli organi femminili, piccolissimi e giallastri, attendono il polline con goccioline vischiose per catturarlo al passaggio.[2]

Frutti

Il frutto detto anche coccola (o galbulo) è una pseudo-bacca ovoidale dal diametro di 4-6 mm, nera o pruinoso-azzurrognola, dalla polpa tenera, contenente 1-2 semi di colore giallastro. Il frutto è dapprima verde, poi bruno e quindi azzurro e pruinoso.

Semi

Maturano in 18 mesi, sono piccoli 4-5 mm ed ovali, di colore giallastro.

Specie simili

Può essere confusa con:

  • Silybum phoenica detto Cedro ligio, si riconosce per il portamento sempre eretto, le bacche pure erette, più grandi quasi 1 cm, rossastre non pruinose, le foglie sono più brevi (ogni coppia lascia del tutto scoperta la successiva), più convesse e con la ghiandola dell'essenza molto più liscia.
  • Juniperus virginiana detto Cedro americano, albero che si può trovare presso nei giardini, alto fino ad una 15 m, le foglie sono un po' lunghe e strette (le foglie lunghe sono aghiformi e del tutto patenti) e più appuntite. La bacca è portata da un rametto eretto lungo quanto quello della Sabina ma più sottile, il colore è uguale.

Varietà

Sono riconosciute diverse varietà che alcuni autori considerano specie diverse:

  • Juniperus sabina var. erectopatens': fusto piccolo; rametti dritti. I semi sono verde chiaro e brunastri a maturità.
  • Juniperus sabina var. sabina': fino ad 1 m, raramente a fusto piccolo; rametti apicalmente ricurvi. Si trova su boschi o macchie sui versanti delle montagne rocciose o sulle dune di sabbia dai 1000-3300 m., la varietà più diffusa.
  • Juniperus sabina var. davurica: differenziabile dalla var. sabina per la maggiore o minore permanenza delle foglie giovanili nell'esemplare adulto.[2]
  • Juniperus sabina var. yulinensis': portamento arbustivo.

Ibridi

L'ibrido tra Juniperus chinensis e Juniperus sabina, anche conosciuto come Juniperus × pfitzeriana (Pfitzer Juniper, sinonimo J. × media), è stato trovato nelle zone rupestri della Cina del nord dove coesistono le due specie; questo ibrido è comunemente utilizzato anche come specie ornamentale, con un fusto più largo, può arrivare a crescere dai 3 ai 6 m.

Sinonimi

  • Sabina officinalis Garcke[2]
  • Sabina vulgaris Antoine[2]

Avversità

Questa pianta può ospitare il fungo Gymnosporangium sabinae in uno dei suoi stadi di sviluppo. Questo microscopico parassita tende a colpire i peri, provocandone la cosiddetta "ruggine del pero". Per questo motivo la sua vicinanza alle colture è tendenzialmente sconsigliabile.[2]

Principi attivi

Contiene olio essenziale con sabinolo, sabinene, acetato di sabinile, cardinene, pinene, citronellolo, furfurolo, alcol metilico, un glucosile, la pinipricrina, una resina, un tannino, acido gallico, e podofillotossina.

Tossicità

Tutta la pianta è velenosa anche con esito mortale. Le foglie schiacciate hanno effetti irritanti e vescicanti e, se ingerito, provoca lesioni irreversibili agli apparati digerente ed urinario, che giungono fino alla necrosi renale.

Persino il polline stesso della pianta è tossico, e per questo motivo si deve fare attenzione ad evitare il consumo di miele prodotto da api che lo bottinano. Durante il consumo, le api stesse possono venire intossicate dal polline.[2]

Proprietà tossiche analoghe sono presenti in specie affini come Juniperus virginiana L. e Juniperus thurifera L.[2]

Sintomi dell'intossicazione

I sintomi dell’intossicazione a basso dosaggio consistono in irritazione della bocca, diarrea, vomito, coliche. Dosi elevate provocano grave avvelenamento, con tachicardia, difficoltà respiratorie, crampi, paralisi, coma e morte nel 50% dei casi.[2]

Usi

Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.

In passato veniva utilizzato in fitoterapia, ha proprietà emmenagoghe, abortive e irritanti queste ultime sfruttate per patologie cutanee. Il facile sovradossaggio porta a metroragie, nefrittiemorragiche, violenta irritazione del tubo digerente, con bruciore della bocca e della gola, vomito, diarrea, dolori addominali, che possono aggravarsi in con la perforazione intestina, inoltre congestione degli organi encefalici, emorragie retiniche, stasi, crampi, e poi paralisi. Oggi viene utilizzata come pianta ornamentale nei parchi e nei giardini.

Usi storici

Storicamente, l'erba sabina è ricordata come una delle piante più importanti negli antichi riti romani. Nei riti funebri la sabina veniva adoperata in sostituzione dell'incenso a simboleggiare l'immortalità.[4]

Ara dabat fumos herbis contenta sabinis.” (Ovidio, Fasti. I,337)

Nel I secolo d.C. Dioscoride (medico, botanico e farmacista vissuto nella Roma imperiale sotto Nerone) la chiama brathu (in greco antico: βραθυ), e ne riporta un uso esterno come trattamento per le affezioni cutanee. Nel suo trattato Sulle erbe mediche (in latino: De materia medica) ne descrive l'azione abortiva e gli effetti dannosi sui reni quando bevuto insieme al vino, facendo urinare sangue.[5]

Il ginepro sabina veniva spesso utilizzato nelle campagne per favorire nelle pecore l’espulsione della placenta dopo il parto.[2]

Il nome volgare “cipresso dei maghi” è dovuto all’antico uso come amuleto contro i sortilegi.[2]

Olio di sabina

Nella cultura popolare, uno dei prodotti più usati era l'olio di sabina, una tintura ottenuta tramite la distillazione delle foglie e dei rami giovani della pianta, caratterizzata da un odore pungente e sgradevole.

Nell'uso esterno l'olio veniva ampiamente utilizzato per trattare diverse affezioni cutanee tra cui verruche e ulcere sifilitiche, ma anche considerato valido trattamento contro disturbi come gotta e reumatismi.[2]

Per l'uso interno l'olio veniva usato come emmenagogo, per indurre il flusso mestruale, e come terapia abortiva popolare, seppur con esiti talvolta anche mortali per la donna, a causa della sua elevata tossicità. Era considerato come un valente emostatico e vermifugo.[2]

Nonostante la sua indubbia ed elevata tossicità, la validità del suo uso si è largamente sostenuta fino alla fine del XIX secolo:

L’olio di Sabina è un potente veleno [...] produce infiammazione gastroenterica [...] la sua azione irritante sui reni provoca ematuria [...] Si sono verificati numerosi casi di avvelenamento mortale in seguito alla somministrazione dell’olio allo scopo di provocare aborti [...] le morti provocate da questa sostanza sono molto più frequenti di quanto in genere si crede [...] Gli effetti abortivi sono il risultato di una grave intossicazione che mette a rischio la vita [...]

Io considero che la savina sia uno dei farmaci più sicuri ed efficaci, con il vantaggio di potere essere somministrato senza alcun rischio.[6]

(Charles D. F. Phillips, Materia medica and Therapeutics, 1879)

Liquori a base di ginepro

Nella produzione artigianale di liquori a base di ginepro, che prevede la macerazione delle bacche di ginepro (del genere Juniperus communis) in alcool, si verificano occasionalmente casi in cui i raccoglitori confondano le bacche del ginepro comune con quelle del ginepro sabina, risultando in intossicazioni anche gravi.

Erboristeria

In erboristeria la droga (Sabinae ramuli) è costituita dai ramoscelli terminali, di colore verde pallido ingiallito, raccolti in aprile e maggio e seccati. Caratteristico è l'odore di trementina e un sapore amaro bruciante.[2]

La droga contiene tutti i principi tossici, anche se in concentrazione minore, ed è iscritta in parecchie farmacopee, seppur sconsigliata e di uso pericoloso per la sua azione emmenagoga e, a dose più alta, abortiva. La polvere viene ancora utilizzata, in uso esterno, per il trattamento di ulcere atoniche, della alopecia seborroica ed anche per la distruzione dei conditomi.[2]

Riproduzione

Questa pianta può essere riprodotta per talea o per seme.

Note

  1. ^ (EN) Conifer Specialist Group 1998, Juniperus sabina, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t Giuseppe Mazza, Juniperus sabina, su Monaco Nature Encyclopedia, 9 agosto 2008. URL consultato il 10 febbraio 2021.
  3. ^ Giuseppe Lodi, Piante Officinali Italiane.
  4. ^ Ovidio, Fasti. I, 337.
  5. ^ (EN) De materia medica | work by Dioscorides, su Encyclopedia Britannica. URL consultato il 10 febbraio 2021.
  6. ^ Charles Douglas Fergusson Phillips e George Oliver Pierce, Materia medica and therapeutics vegetable kingdom organic compounds animal kingdom /, J. & A. Churchill,, 1886. URL consultato il 10 febbraio 2021.

Bibliografia

  • Giuseppe Lodi, Piante Officinali Italiane, Bologna, Edizioni Agricole Bologna, 1957, p. 791.
  • Giovanni Negri, Erbario Figurato, Milano, Ulrico Hoepli Editore Milano, 1979, p. 459, ISBN 88-481-1542-X.
  • Jean Valnet, Fitoterapia. Guarire con le piante, Firenze, Giunti Editore, 2005, p. 719, ISBN 88-09-03780-4.
  • (EN) Jonathan Pereira, The elements of materia medica and therapeutics, Londra, Longman, Brown, Green, and Longmans, 1842, p. 978.

Voci correlate

Altri progetti

Altri progetti

  • Wikimedia Commons
  • Wikispecies
  • Collabora a Wikimedia Commons Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Juniperus sabina
  • Collabora a Wikispecies Wikispecies contiene informazioni su Juniperus sabina

Collegamenti esterni

  • http://www.efloras.org/flora_page.aspx?flora_id=2
  Portale Botanica: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di botanica